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Silvio Di Micco

Effetto Lucifero

Nel 1971, lo psicologo Philip Zimbardo condusse un esperimento per scoprire come si sarebbero comportati degli individui messi in una posizione di autorità con potere illimitato.

Oltre a Zimbardo e ad alcuni suoi studenti, che ne supervisionarono l’esecuzione, parteciparono all’esperimento 24 studenti, tutti maschi e bianchi. Furono divisi in modo casuale tra “carcerati” e “secondini”. Quelli a cui era toccato il ruolo dei prigionieri furono arrestati e schedati in una vera stazione di polizia a Palo Alto, poi bendati furono trasferiti nel seminterrato del dipartimento di psicologia della Stanford University, trasformato in una finta prigione. Per rendere l’esperienza il più reale possibile dal punto di vista psicologico, dopo aver rilasciato le impronte digitali i prigionieri furono spogliati, perquisiti e privati degli effetti personali, irrorati con uno spray disinfestante e costretti a indossare un ampio camice riportante un numero di identificazione, dei sandali di gomma e un copricapo ricavato da una calza di nylon, per simulare l’effetto di una rasatura. Per accresce il senso di disumanizzazione, erano chiamati soltanto con il numero loro assegnato e ognuno indossava una cavigliera di metallo a cui era fissata una catena, per ricordare la mancanza di libertà.

I secondini erano divisi in turni in cui si occupavano di pattugliare il seminterrato e di far svolgere ai carcerati dei compiti. Indossavano vere uniformi e occhiali scuri, per impedire il contatto visivo con i carcerati. Sebbene la violenza fisica non fosse permessa, le guardie potevano, a loro discrezione, trattenere il cibo o togliere privilegi ai prigionieri. Le prove di tale violenza, che aumentava soprattutto nelle ore notturne, quando i secondini pensavano di non essere osservati, si videro nelle reazioni dei carcerati: dopo circa 36 ore di prigionia e maltrattamenti da parte delle guardie, uno studente, il detenuto n. 8612, fu rilasciato perché manifestava disturbi depressivi gravi, pensiero disorganizzato, pianto irrefrenabile e attacchi d’ira.

Il secondo giorno altri cinque soggetti vennero rispediti a casa perché accusavano sintomi depressivi, turbe emotive e disturbi di natura psicosomatica. Il sesto giorno dell’esperimento, Christina Maslach, una dottoranda, fu chiamata a intervistare i detenuti: rimase inorridita da ciò che vide, al punto da chiedere a Zimbardo di mettere fine alla prova. Così, l’esperimento, che sarebbe dovuto durare due settimane, durò solo sei giorni.

Quanto era successo a Stanford provava che qualsiasi persona, messa in una posizione di grande potere su altri individui, si trasforma in un aguzzino, non in relazione a predisposizioni personali, ma solo per via della situazione.


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